A\G\D\G\A\D\U\

Per quanto riguarda i requisiti religiosi, la più antica costituzione massonica (quella di Anderson, 1723) dice solo che un massone "non dovrà mai essere uno stupido ateo né un libertino senza religione" se "comprende l'Arte correttamente".

La sola religione richiesta era "quella religione in cui tutti gli Uomini concorrono, tenendo per sé le loro particolari Convinzioni". I massoni non si trovano d'accordo nel definire "stupido" o "senza religione" degli aggettivi necessari o accidentali per "ateo" e "libertino". È possibile che l'ambiguità sia intenzionale.

Nel 1815, l'appena riunificata Gran Loggia Unita d'Inghilterra (UGLE) cambiò le Costituzioni di Anderson in senso più ortodosso: «qualunque sia la religione o il modo di praticarla, nessuno sarà escluso dall'Ordine, purché creda nel glorioso Architetto del cielo e della terra, e pratichi i sacri doveri della moralità».

Gli inglesi mettono in pratica questo articolo col richiedere al candidato la fede in un Essere Supremo e nella sua volontà rivelata; nonostante ciò possa ancora essere interpretato in modo non-deista, ciò rese più difficile per credenti non ortodossi l'ingresso nella massoneria.

Alla gloria.   L’invocazione “alla gloria del Grande Architetto dell’universo” è  conosciuta,  anche al di fuori della massoneria,  per la sua formula graficamente sintetica A.G.D.G.A.D.U. Nell’apertura dei lavori, l’invocazione è un tributo  dovuto al Principio Superiore (postulato dagli Antichi Doveri  dei liberi muratori),  ma costituisce anche una chiamata sacrale che sottolinea l’importanza del momento. Il Grande Architetto è un’àncora per i massoni, sia per i credenti che per i liberi pensatori; il suo nome così astrattamente concreto, induce tutti  i membri della loggia  a sentirsi proiettati verso l’alto.

La dicitura “a gloria di” potrebbe  far pensare a un profano che  i lavori di loggia conferiscano gloria al Grande Architetto. Sarebbe sciocco il presumerlo. La dicitura “alla gloria” non è un’esclusiva massonica; ricordiamo il motto dei gesuiti “Ad maiorem Dei gloriam” e quello dei templari “Non nobis, Domine, non nobis sed nomini tuo da gloriam”. E’ chiaro che  -in campi diversi- gli uomini intendono riconoscere la gloria, non conferirla. 

C’è da dire piuttosto che alla gloria dell’Architetto non vengono dedicati i lavori particolari, per quanto belli essi siano. Quel che i massoni dedicano alla gloria è il fatto stesso di lavorare; di aprire i lavori in quel modo che rende sacri lo spazio e il tempo, che protegge da ogni influenza negativa o maligna, che  cerca di mettere in relazione  ascendente con il principio spirituale simboleggiato dal Grande Architetto dell’universo.

Ecco perché qualche vecchio massone racconta di tornate sublimi in cui “non si fece niente”; si aprirono i lavori ritualmente con maestria assoluta e con tangibile intensità; si osservarono sette minuti di silenzio; si chiusero i lavori con altrettanta consapevolezza e precisione.  Sembra niente, ma invece  s’ era  dispiegata  tutta la potenza del rito.