Luce su luce. Dio
guida alla Sua luce chi Egli vuole. Dio propone agli uomini
parabole. Dio conosce ogni cosa. Questa lampada si trova in case
che Dio ha permesso d' innalzare; case ove il Suo nome è invocato,
ove uomini celebrano le sue lodi all' alba e al crepuscolo. Nessun
commercio, nessun affare li distraggono dal ricordo di Dio, dalla
preghiera e dall' elemosina. Temono il Giorno in cui i cuori e gli
sguardi saranno sconvolti, e, così, Dio li ricompenserà per le
migliori fra le loro azioni, ed aumenterà loro la Sua grazia. Dio
provvede senza lesinare ai loro bisogni, com' Egli vuole. Le
azioni degli increduli sono simili a un miraggio nel deserto.
Colui che ha sete crede di vedervi l' acqua, ma quando vi arriva
non la trova; troverà Dio che gli salderà il conto. Dio è
sollecito nei suoi conti.
O sono paragonabili alle tenebre su un mare profondo: un' onda lo
copre, sulla quale sale un' altra onda; e al disopra nuvole.
Tenebre accumulate le une sulle altre. Se qualcuno tende una mano,
può vederla appena. Colui al quale Dio non dà luce, non ha luce.
Non ti accorgi che tutto ciò che si trova nei cieli e sulla terra,
e gli uccelli che tendono le loro ali celebrano le lodi di Dio?
Dio conosce la preghiera e le lodi di ciascuno d' essi. Dio sa
perfettamente quel che fanno. Il dominio dei cieli e della terra
appartiene a Dio: e tutto alla fine torna a Dio. Il cammino del
sufi è dal buio alla luce, attraverso stati intermedi. Il sufi
opera emblematicamente sul proprio io, che da pietra grezza
diventa pietra levigata e squadrata, sino a giunger al grado di
uomo perfetto : âlInsân âlKâmil, attraverso varie tappe, che in
linea di massima sono trentatrè (ma vanno dalle sette alle cento a
seconda delle Confraternite). Ciò non grazie alla morale, ma
grazie all' etica.
E così dunque qual tipo di etica è quello propugnato dal Sufismo?
Con quale simbologia e con che tipo di iniziazione il concetto
viene veicolato? Il sufi non impone la sua linea di condotta etica
con la forza. Ciò sarebbe contrario all' indicazione coranica di
"nessuna costrizione in fatto di religione". L' insegnamento del
sufi risiede tutto nell' esempio fornito dal suo comportamento
secondo il motto di base: "Nel mondo, ma non del mondo". Lo sforzo
(il jihad, termine erroneamente tradotto in occidente con "guerra
santa", quando il termine "guerra santa" âlHarâm âlMuqâtala non è
mai citato dal Corano, per il quale nessuna guerra è santa anche
se fazioni sedicenti musulmane ne usano oggi per i loro scopi
politici e assolutamente anticoranici), il jihad, dicevo, è sforzo
dell' uomo per convertire se stesso da pietra grezza a pietra
levigata.
D' altronde l' etica dei Sufi come giustamente osserva il giudice
Said âl Ashmawî, un grande giurista islamico contemporaneo, recita
che la religione non può essere utilizzata come politica poiché la
religione eleva mentre invece la politica corrompe, limita,
divide, uccide. Non si può accettare una formula religiosa spinti
dall' ignoranza, dalla paura o dal preconcetto. La vera religione
nel nostro caso l' Islâm vero si basa su due principi: fede in Dio
e rettitudine nei comportamenti. Ciò si consegue solo con la
penetrazione dell' etica. L' etica del Sufismo è da secoli
impegnata in questo conseguimento, e si propone come risoluzione
della ricerca di identità dell' Islâm che nelle plurime e a volte
perfino aberranti o inquinate manifestazioni oggi rischia di
allontanarsi dai precetti coranici così come ne sono lontani (pur
proclamandosi invece musulmani) vari capi di Stato del periodo
attuale.
Il sufismo avvicina l' uomo a Dio attraverso l' avvicinamento
dell' uomo a tutti gli altri uomini, grazie alla tolleranza per
ogni pensiero differente dal proprio, al rispetto per l' individuo
ma anche per i suoi diritti e per il suo ambiente. Sin dal XII°
secolo i Sufi hanno propagandato il motto "libertà, eguaglianza,
fratellanza". Questo nonostante le persecuzioni da parte di
dittatori, ulema corrotti, teologi limitati. Persecuzioni che sono
state esemplate dalla figura di âlHallaj, uno dei poeti mistici
più eminenti dell' umanità tutta. "La dottrina sufi è offerta all'
essere umano la cui mente è confusa, come una conoscenza teorica
della struttura della realtà e della posizione che in essa l'
essere umano occupa.
Il labirinto delle contraddizioni, paralogismi, ambiguità le
trappole intellettuali che caratterizzano certo pensiero moderno
sono il massimo ostacolo alla vita dell' anima, e possono venir
risolti solo attraverso l' esperienza etica, quella dei sufi ad
esempio, che libera dalle scorie del contingente e del
molteplice". Rûmî scrisse: "Le vie sono diverse, la meta è unica.
Non sai che molte vie conducono a una sola meta? La meta non
appartiene né alla miscredenza né alla fede; lì non sussiste
contraddizione alcuna. Quando la gente vi giunge, le dispute e le
controversie che sorsero durante il cammino si appianano; e chi si
diceva l' un l' altro durante la strada "tu sei un empio"
dimentica allora il litigio, poiché la meta è unica". Questo non è
solo il superamento della religione, ma il "rispetto" d' ogni
religione, come insegna lo stesso Corano.
Non vi è infatti altro testo sacro che parli così diffusamente e
in modo tanto aperto dell' universalità di tutte le religioni; e
ancora una volta si dimostra che i vari emiri, re e dittatori che
interpretano i versetti del Corano a loro stretto beneficio
momentaneo e si pretendono musulmani, in effetti sono ben lungi
dall' esserlo. In definitiva, nell' ambito della questione etica,
possiamo riconoscere al sufismo la risoluzione della dialettica
fra il particolare e l' universale. E' allo stesso tempo chiusura
iniziatica e confronto universale. Dalla iniziazione rituale
iniziale dell' individuo giunge a porsi come ideale
regolamentatore di una società universale. Non per nulla Assaf
Hâled Çelebi (Parigi 1987) definì il Sufismo "il rifugio degli
spiriti liberi contro il fanatismo devastatore dei dogmatici".
Il materialismo storico ha mostrato le sue grandi incongruenze; la
civiltà dei consumi ha prodotto mostri di violenza e ci ha portato
ad uno stato fallimentare di degrado etico ed ecologico. Entrambi
sono responsabili dei disastri d' oggi, che vedono moltiplicate le
azioni negative di un tempo. Alle soglie del XXI° secolo una delle
cose necessarie alla salvezza dell' umanità, di tutta l' umanità,
è la comprensione e l' accettazione dei valori etici basati sulla
tolleranza, la fratellanza universale, la comprensione e l'
accettazione dei valori delle varie e più disparate civiltà, che
sono in effetti patrimonio comune di tutti. Ecco perché tra
Sufismo e Massoneria vi sono stati nei tempi passati e ancor oggi
vi sono numerosi punti di contatto.
Sufi e massoni -
Nascita di un idillio
di Gabriel Mandel
Khan
Chi sono i Sufi? Sono i mistici dell' Islâm, divisi in più
confraternite a seconda delle correnti interpretative della
mistica via dell' ascesa a Dio. Sorte dalla lettura culturalmente
progredita del Corano precipua degli Iraniani in unione con
tecniche filosofico-sciamaniche dei Turchi, le correnti sufiche
nacquero nell' Asia centrale, e dai Turchi vennero diffuse in
tutto il mondo islamico. Nel mondo turco emersero ordini che
promossero correnti mistiche ricche di pensatori eminenti; presso
gli Arabi e alcune popolazioni arabofone le confraternite dei Sufi
degenerarono in correnti politiche integraliste o di bassa
spettacolarità a carattere magico.
Tra i sufi di maggiore importanza il persiano Hallaj, che scrisse
pagine di grande afflato mistico, e che venne crocefisso dagli
integralisti nel 922; il turco Ibn Sinâ, noto in Europa come
Avicenna (9801037), nato in Uzbekistân, che fu uno dei maggiori
medici del Medio Evo (i suoi testi influirono considerevolmente
anche sulla formazione della medicina europea); il turco afghano
Birunî (9731048), grande maestro di scienze positive, astronomo,
medico, farmacologo e matematico; l' insigne teologo Ghazalî
(1058-1111), nato a Tus, nel Khorasan a quel tempo provincia dell'
impero turco dei Selciukidi, paragonato in Europa a sant'
Agostino, a san Tomaso d' Aquino, a Lutero; il grande matematico
persiano Omar Khayyam (1048-1131), celebrato in Europa anche per
le sue libere e concettose quartine; il teologo e poligrafo
andaluso Ibn âl`Arabî (1165-1240), che seppe conciliare i
contrasti fra tradizionalismo e misticismo; e infine Jalal âlDîn
Rûmî (12071273), nato a Balkh, in Afghànistàn, e fondatore a Konya
(Turchia) dell' ordine dei Mevlevî.
Un grande iniziato, Dhû âlNûn l' Egiziano (771-860), sufi ed
alchimista, (allievo della mistica turca Fàtima di Nishapur
(?-838), a sua volta moglie del grande mistico turco âlBalkh),
studiò e tradusse testi egizi. Fondò la Loggia esoterica di Menfi.
L' esoterismo turco d' origine sciamanica e quello egizio di
Ermete Trismegisto si unirono così in quella che fu una delle basi
organizzative della pratica esoterica sufica. Grazie a questi
maestri furono tradotti in arabo (lingua ufficiale dell' Islàm
come lo fu il latino per la Chiesa cattolica) i testi ermetici
scritti fra il I° e il IV° secolo portatori del senso profondo
delle tradizioni esoteriche dell' Egitto, della Grecia e della
Persia. In particolare il Poimandro, attribuito ad Ermete
Trismegisto. Molta trascendenza mistica del Sufismo si basò, all'
origine, su La Legge di Ermete tradotta in arabo. Altri otto testi
in arabo si dichiarano traduzioni di Ermete Trismegisto, e furono
studiati o commentati da Dhû âlNûn âlMisrî (-859), Kharraz (-899),
Hallaj (857-922), Suhrawardî (1155-1191).
La tradizione islamica ha collegato Ermete a Enoch, che è presente
nel Corano sotto i tratti del profeta esoterico Idrîs. Idrîs, con
l' appellativo di Khidr (il Verde) è l' iniziatore segreto dei
grandi maestri sufi. Altro iniziatore alchemico è nel Corano il
profeta Salomone. Da Pitagora invece i sufi trassero la scienza
dei numeri (abjad) e la "sezione aurea" che applicarono
egregiamente nelle loro costruzioni (ne sono esempio in Turchia le
costruzioni selciukidi dall' XI° al XIII° secolo). Dirò per inciso
che i testi greci di scienza e di esoterismo furono conosciuti in
Europa non dagli originali greci ma dalle traduzioni in arabo che
ne fecero i sufi. Il Sufismo è costituito in Ordini, o
Confraternite. Confraternite ben organizzate sin dal X secolo. Un
Maestro venerabile, due luci, un copritore esterno, e gli adepti,
che si distinguono in apprendisti (murid), compagni (`arîf:
iniziato) e maestri (shaykh). Si riuniscono in una tekké, o
zawiyya, o dergah: una Loggia, insomma; per solito il lunedì sera
per le discussioni in comune e l' insegnamento evolutivo, spesso
sulla lettura di tavole lasciate da grande Maestri del passato; il
giovedì sera per il rituale del dhikr: la Rammemorazione di Dio.
Per entrare nell' ordine, il neofita si sottopone a una
iniziazione, che comporta anzitutto il ritiro (khalwa) in un
gabinetto di meditazione, ritiro che a seconda degli Ordini va dai
tre ai quaranta giorni. Riceve allora la parola segreta di rito, i
passi e le insegne del suo lavoro. Presso i Bektashi l' iniziando
è condotto nella loggia con una corda al collo (tigbend) e
ricevuto, è cinto dal grembiale (peshtemal), che viene mutato ad
ogni aumento di salario. Gli Ordini in generale hanno accolto sin
dal XII secolo il neoplatonicismo attraverso l' ermetismo e la
tradizione alchemica (figlia maggiore dell' Islàm appunto)
assumendone i simboli, e questo è del pari avvenuto nella
Massoneria, soprattutto attraverso l' influsso diretto di Giordano
Bruno.
Dhû âlNûn âlMisrî (?-859) organizzò la propria Loggia sul modello
della Kaaba della Mecca: al centro un altare cubico; in fondo il
trono del Maestro, che indica il grande oriente da cui sorge la
luce, simile alla nicchia del mihrab che in ogni moschea è volto
alla Mecca; ai lati dell' ingresso le due luci, all' ingresso le
due colonne del diwan, Jakim e Boaz. I lavori si aprono idealmente
a mezzogiorno e si chiudono idealmente a mezzanotte. I
parallelismi non si limitano qui. In tutta la letteratura dei
maestri sufi, ricchissima, si trovano concetti, simboli, rituali,
che possono essere accostati a concetti, simboli e rituali
massonici. L' elenco sarebbe troppo lungo: rinvio, per un più
ampio accenno, quanti vogliono iniziare l' accostamento ideale, al
mio libro pubblicato oramai vent' anni or sono Il Sufismo vertice
della piramide esoterica (SugarCo, Milano 1977); e al libro di
Idries Shah I sufi e l' esoterismo.
Si consideri che per la Storia della Massoneria in Oriente dal
XVIII° al XX° secolo i testi sono numerosissimi: fra libri,
articoli e tavole pubblicate superiamo i trecento titoli. Comunque
uno dei simboli e degli argomenti di discussione e di meditazione
più formale dei Sufi, presente nelle iniziazioni e tema di tutto
l' Ordine fondato da Sihrawardî è la Luce; sulla base dei versetti
coranici della Luce che emana da Dio: (24°35-42), che espongo qui
per intero:Dio è la luce dei cieli e della terra. La Sua luce è
come una nicchia in cui si trova una lampada. Lampada in un vetro;
il vetro è simile a una stella lucente. Questa lampada arde grazie
a un albero benedetto: un olivo che non viene né da Oriente né da
Occidente e il cui olio si accende senza che fuoco lo tocchi.
Gabriel Mandel
Khan
Capo italiano della Tariqa âlJerrahi âlHalveti