AGAPE
L’Agape, dal greco Amore, è il Banchetto
rituale massonico
L’Agape massonica
Il Dictionnaire de la Franc-Maçonnerie
diretto dal Ligou, alla voce Banquet, dice: «Il banchetto è una tra le più
antiche e solide tradizioni massoniche. Già le Costituzioni di Anderson vi
fanno allusione, al pari dei regolamenti che fanno loro seguito. Fin da
quell’epoca, le riunioni e le assemblee di Gran Loggia si concludevano con
un banchetto.»
Il tema dell’agape o banchetto massonico,
che si ripropone costantemente in termini di incertezza nella Massoneria
italiana a motivo della mancata adozione di un apposito rituale da parte
del Grande Oriente d’Italia, è curiosamente venuto alla ribalta di recente
nel quadro della querelle che ha portato al ritiro del riconoscimento da
parte della Gran Loggia Unita d’Inghilterra. Infatti, tra i capi di accusa
contestati al Grande Oriente d’Italia stesso dalla Gran Loggia Unita
d’Inghilterra e che hanno fornito pretesto per il suddetto ritiro del
riconoscimento, ha figurato quello a tenore del quale il Grande Oriente
d’Italia consentirebbe a Logge della propria obbedienza l’effettuazione di
banchetti od agapi secondo rituali parodianti in modo blasfemo il
sacramento eucaristico e comunque estranei alla pura tradizione massonica.
Al fine di fare chiarezza sull’argomento, ancorando tuttavia l’indagine ad
elementi meno fumosi e meno opinabili, converrà fare riferimento a precisi
elementi documentari.
Cenni storici
Fin da 1717 le riunioni e le assemblee di
Gran Loggia si concludevano con un banchetto ed Anderson raccomanda ai
Fratelli di non trasformarli in orge, precetto che sembra esser stato in
generale seguito... La tradizione del banchetto si è mantenuta. Ogni
tornata è seguita - obbligatoriamente nell’Emulation Ritual,
facoltativamente altrove - da un banchetto o agape fraterna. Nell’Emulation
Ritual, il banchetto è rituale, vale a dire che la tavola è a ferro di
cavallo, presieduta dal Venerabile, mentre i due Sorveglianti stanno alle
due estremità. Si comincia con i rendimenti di Grazie recitati dal
cappellano ed il pasto è inframmezzato da una serie di toast, i toast
ufficiali al Presidente della Repubblica (in Inghilterra alla Regina), ai
sovrani e capi di Stato che proteggono la Massoneria, al Gran Maestro, i
toast tradizionali alla Gran Loggia, al Gran Maestro Provinciale, se del
caso al neoiniziato di quella tornata il quale contraccambia, alle Logge
sorelle ed ai visitatori ed infine quelli agli assenti e a tutti i Massoni
poveri ed in difficoltà. Nelle Logge che lavorano secondo i Riti Francese
e Scozzese, l’agape fraterna che fa seguito alla tornata è spesso
abbastanza rapida e semplice, presieduta dal Venerabile che talvolta dice
qualche parola al dessert. Qualche volta vi sono ammesse le mogli dei
Fratelli. Nei Riti Francese e Scozzese viene praticato il banchetto
d’ordine strettamente riservato ai Fratelli. La tavola è del pari ad arco
di cerchio, è proibito parlare ad alta voce e fumare. Il servizio di
tavola è effettuato dagli Apprendisti. L’aspetto interessante di queste
cerimonie deriva dal fatto che esse hanno conservato un rituale abbastanza
particolare che si ritiene derivato dalle tradizioni delle Logge militari
durante l’Ancien Régime. In questi lavori di masticazione o lavori di
tavola... si fa anche uso di un lessico speciale... Durante il banchetto
d’ordine i Fratelli indossano la sciarpa o il collare...». A sua volta il Mellor, nel Dictionnaire de la Franc-Maçonnerie et des Francs-Maçons, alla
voce Banquet, riferendosi all’uso inglese, scrive che la ricreazione (refreshment)
o agape, che segue la tornata di Loggia, «è... obbligatoria». I brindisi o
toasts si dividono in facoltativi, obbligatori e tradizionali seguiti da
quello per i Fratelli assenti e l’ultimo (quello del Tyler o Tegolatore)
per «tutti i Massoni poveri ed in difficoltà, per terra, sul mare od in
aria, augurando una rapida consolazione alle loro sofferenze ed un pronto
ritorno al Paese natio, se lo desiderano». Il Mellor precisa che «l’uso,
ad ogni toast, è quello di alzarsi in piedi, dopo che il Venerabile abbia
battuto un colpo di maglietto, ripetuto dai due Sorveglianti, ognuno dei
quali sta seduto all’estremità della tavola (generalmente a ferro di
cavallo)».
Origini
A quale epoca risale la consuetudine di
consumare un pasto tra i Fratelli di Loggia, durante o dopo i lavori
rituali propriamente detti? Ed è possibile ricostruire le forme originarie
di essa? Prima di tentare di dare una risposta a questi interrogativi,
appare opportuno ricordare che abbiamo oggi un’idea molto approssimativa
dei rituali in uso prima del 1730 circa, posto che i primi documenti
scritti, a parte rare eccezioni su aspetti comunque non pertinenti
all’argomento in esame, cominciano ad apparire proprio da quel periodo.
Secondo B. E. Jones: «È comunque certo che i brindisi venissero usati agli
inizi del ‘700 e probabilmente anche molto prima. Anderson suggerisce che
ne venne fatto uno alla festa del 1719. Nel 1757, una lettera autorizzata
dal Gran Maestro stabiliva che il primo dei nostri brindisi in Loggia è
quello della salute del Re e dell’Ordine. Sia i Moderni che gli Antichi
erano d’accordo su questo punto.» Che un pasto in comune fosse
abitualmente consumato al termine dei lavori di Loggia, almeno a partire
dal 1717 o comunque dalla fondazione della Gran Loggia di Londra, è
attestato - come ricordato dalla sopra riportata voce del Dictionnaire de
la Franc-Maçonnerie - dai Doveri di un Libero Muratore allegati alle
Costituzioni elaborate dall’Anderson nel 1723. Infatti, all’art. 2 dei
Doveri, sotto il significativo titolo di Comportamento quando la Loggia è
Chiusa ed i Fratelli non sono usciti che consente di situare le relative
prescrizioni dopo la chiusura dei lavori rituali, si legge: «Potete
divertirvi con innocente allegria, trattandovi l’un l’altro a vostro
talento, ma evitando ogni eccesso, o di spingere alcun Fratello a mangiare
o bere oltre la sua inclinazione...». Gli stessi Regolamenti generali
annessi alle Costituzioni (artt. XXVIII-XXXII) dedicano alquanto spazio al
tema del pranzo che fa seguito ai lavori della Gran Loggia annuale. È
certo, comunque, che ancora per decenni dopo il 1717 le Logge, sia in
Inghilterra sia nell’Europa continentale ove si erano nel frattempo
rapidamente diffuse, continuarono a riunirsi presso taverne e locande,
dimostrandosi spesso assai più interessate ai lavori di tavola che ad
altri e più iniziatici lavori, in qualche modo legittimando la curiosa
etimologia data con tutta serietà dal Lessing alla parola Masonry, come
derivata da Mase, mensa o tavola. E se pure al riguardo non si disponesse
di abbondanti testimonianze d’epoca (diari, resoconti di gazzette,
rapporti di polizia, ecc.), basterebbe a darne conferma la sollecita
preoccupazione di un Ramsey volta a nobilitare i banchetti massonici
attraverso l’analogia con le feste intrinseche ai Misteri pre-cristiani...
In ogni caso, già una delle prime pubblicazioni a stampa in Italia sulla
Libera Muratoria, la Relazione della Compagnia de’ Liberi Muratori dell’Angiolieri
Alticozzi, si diffondeva lungamente sulla tavola de’ Liberi Muratori,
riportando tra l’altro queste interessanti notazioni: «Le parole, che si
usano a tavola, sono prese dall’Artiglieria; benché io ho poi veduto, che
questo costume non è così rigoroso, e in diversi paesi diversamente si
varia.» Vi è poi la descrizione del lessico di tavola, del caricamento,
del brindisi, ecc., esattamente come la si ritroverà alla fine del XVIII
secolo ed all’inizio del successivo attraverso i testi francesi ed
italiani.
Théodore Henri de Tschudy
Non indegna di approfondimento ritenne
questa tematica Théodore Henri de Tschudy, che nell’Étoile flamboyante
(1766) le dedicò non poche pagine, con accenti e con considerazioni che
appare utile rievocare: «Le assemblee dei Massoni sono quasi sempre
concluse da pasti... Ma quando una gioia savia presiede a questi quarti
d’ora di rilassamento, quando le arguzie dell’ingegno, stimolate ad un
certo punto dall’uso moderato di una bevanda ristoratrice, lasciano
sfuggire quegli sprazzi d’immaginazione che inquadrano e disegnano, per
così dire, la soddisfazione ed il piacere, dove trovarne uno più sensuale?
ai canti di prammatica, che hanno qualcosa di rude e di monotono, si
mescolano talvolta canzoni ingegnose, la cui melodia ed i cui accordi
sembrano unire ancor più gli animi e far meglio scaturire l’armonia
dell’insieme. L’ordine dei brindisi, quello della cerimonia, malgrado il
loro singolare apparato, per quanto estraneo possa apparire alla maggior
parte degli usi massonici..., costituiscono nondimeno una visione, un
concerto che ha qualcosa di piacevole e di seducente fin nell’inizio.
L’atmosfera di schiettezza che pervade tutti i convenuti, il tono cordiale
che viene assunto spontaneamente per interpretare sentimenti autentici,
pongono ognuno a proprio agio: le distinzioni finiscono al di sotto della
tavola, non si ode altro che il nome di fratello, il quale risuona per
ogni dove; tutto, infine, contribuisce a render deliziosi questi festini
nella loro semplicità... Il nostro, cari Fratelli, è il rifugio
dell’innocenza; noi lasciamo il santuario per passare nel vestibolo a
banchetti deliziosi, nei quali la frugalità e la prudenza attenuano quanto
vi potrebbe essere di troppo impetuoso e di eccessivamente libero. Un
esercizio piacevole vi cadenza con metodo, le libagioni che facciamo ed il
modo di celebrare i brindisi cari all’Ordine acquistano un merito in più
per l’armonia che vi regna e per il concerto di applausi con il quale
esprimiamo i nostri auspici e la nostra gioia. I nomi che impieghiamo per
caratterizzare gli arredi del festino attengono agli attributi militari,
giacché nessun ordinamento nella società civile è maggiormente sagomato
per la precisione dei tempi di quello di una milizia ben disciplinata e
ben guidata; al monarca vanno i nostri primi auguri, mentre il secondo
posto spetta al capo dell’Ordine in Francia; i nostri maestri, i nostri
fratelli, i nostri amici, le nostre sorelle, ci farebbero prosciugare la
cantina più fornita, qualora ardissimo cimentare le nostre forze con la
voglia che abbiamo di sottolineare l’affetto più tenero; ma i Massoni
hanno in orrore l’ebbrezza, conseguenza funesta degli eccessi; la crapula
non si asside mai accanto alla virtù, la sola decenza ha diritto di
riempire la sua coppa, le preoccupazioni sono bandite, i Massoni non le
paventano; adusi ad intrecciar ghirlande, le rose del piacere con i gigli
della sapienza, non degeneriamo mai; i nostri principi sono presenti
sempre, nei casi del lavoro, in seno alle feste, nel momento degli svaghi,
il fuoco dell’amicizia è il solo che ci riscaldi; vediamo la gioia; la
afferriamo, ma ci rendiam conto dei suoi limiti e sappiamo rispettarli:
che non sia mai fine, fratelli neo-iniziati, al vostro zelo per la nostra
rispettabile associazione e, quanto a noi, non dismetteremo mai i
sentimenti che dovete aspettarvi da noi, e che sono lusingato di
garantirvi. Vivant, vivant, vivant.»
Il Convento di Lione del 1778
All’argomento del banchetto o agape dedica
spazio anche il Code Maçonique des Loges réunies et rectifiées de France
(1779), approvato nel Convento di Lione del 1778 che fu all’origine del
Regime o Rito Scozzese Rettificato. Infatti il Cap. XV (Dei Banchetti e
delle Feste) esordisce nei seguenti termini: «I banchetti troppo sontuosi,
troppo chiassosi e troppo frequenti sono contrari allo spirito della
Massoneria, mentre quelli il cui costo è modico e regolato, in cui regnano
la decenza e la fraternità, sono atti a conservare ed a rinserrare i
legami che uniscono i Massoni. Pertanto il Maestro Venerabile radunerà a
banchetto i Fratelli quanto spesso le circostanze lo consentiranno... Le
feste da celebrare nelle Logge riunite e rettificate sono i due S.
Giovanni, d’estate e d’inverno, e la festa del rinnovamento dell’Ordine
del sei novembre... Il giorno della festa di S. Giovanni d’inverno sarà
principalmente consacrato ad atti di beneficenza... Lo stesso si deve
osservare per la festa di S. Giovanni Battista... Ci sarà un discorso come
per la festa di S. Giovanni d’inverno, e si faranno al banchetto tutti e
sette i brindisi dell’Ordine...»
Louis Guillemain de Saint-Victor
Un rituale a stampa della Loggia di Tavola è
finalmente contenuto nel Recueil précieux de la Maçonnerie adonhiramite,
opera di Louis Guillemain de Saint-Victor (1786). Si è nell’ambito proprio
del Grand-Orient de France e del Rito Francese o Moderno in questo
praticato. Le prescrizioni anticipano un paradigma pressoché costante nei
successivi documenti similari. «Poiché l’Istruzione della Loggia di Tavola
fa parte dei misteri dell’Ordine, si deve tenere questa Loggia in un luogo
altrettanto ben coperto della Sala delle Iniziazioni. Si allestirà una
Tavola a forma di ferro di cavallo, abbastanza grande, se il luogo lo
consente, perché tutti i convitati possano sedere lungo il lato esterno.
Il Venerabile è sempre posto all’Oriente davanti al centro della Tavola,
avendo l’Oratore alla propria destra: i Sorveglianti sono alle due
estremità all’Occidente; i Maestri occupano il Mezzogiorno, avendo cura di
cedere i posti più prossimi all’Oriente a tutti i Visitatori che si
presentino; i nuovi Iniziati devono stare a Settentrione, di lato
all’Oratore, ed i Compagni riempiono i posti rimanenti da questa parte...
Tutto ciò che costituisce il servizio della Tavola deve formare tre linee
parallele; vale a dire che i piatti formano la prima, le bottiglie ed i
bicchieri la seconda, ed i vassoi di portata ed i lumi l’ultima». Seguono
un glossario dei termini («i bicchieri sono chiamati cannoni», etc.), il
rituale di apertura dei lavori, un’elencazione dei brindisi obbligatori ed
i canti di chiusura, nonché il rituale di chiusura dei lavori. La
elaborazione del suddetto rituale è pressoché contemporanea a quella del
rituale, ben più autorevole per provenienza, redatto in forma manoscritta
nel 1783 per uso delle Logge del Grand Orient de France e pubblicato a
stampa nel 1801 nel contesto del Régulateur du Maçon ou les trois premiers
grades et les quatre ordres supérieurs (A Hérédom. l’An de la G.·.L.·.
5801), che - con pochi adattamenti per quanto concerne la dedica del primo
brindisi, imposti dalle circostanze politicoistituzionali - sarebbe stato
preso a modello in tutta la Massoneria francese o d’ispirazione francese
fino ad oggi.
Dalla Francia all’Italia
Nell’ambito del primo Grande Oriente
d’Italia (1805-1814) si fece riferimento ai rituali del Grande Oriente di
Francia, anche per i banchetti o agapi. Ne è prova il volumetto delle
Instructions pour les trois premiers grades de la Franc-Maçonnerie
catalogato nella Raccolta Bertarelli di Milano e riprodotto integralmente
in una pubblicazione riservata, che almeno fino al 1808 dovette essere in
uso benché in francese, posto che soltanto da quell’anno è riferita
l’esistenza di rituali a stampa in italiano. Del volumetto fa parte anche
una dettagliata Instruction de la Loge de table, ou banquet, trascrizione
pressoché integrale dal citato Régulateur, della quale si riportano alcuni
brani più significativi: «Disposizione della Loggia di tavola. La sala in
cui si fa il banchetto deve esser situata in modo che niente si possa
vedere o sentire dal di fuori. La tavola, per quanto possibile, sarà a
ferro di cavallo. Il posto del venerabile è al vertice, e quello dei
sorveglianti alle estremità. Il Fratello Oratore si pone in testa alla
colonna di meridione, ed il Fratello Segretario alla testa di quella di
settentrione; l’oriente è occupato dai fratelli visitatori, o da ufficiali
della Loggia, qualora non vi siano visitatori. Eccettuati i cinque
ufficiali appena menzionati, nessuno ha un posto distinto, tranne nel caso
in cui vi fossero visitatori decorati di gradi superiori, e che l’oriente
fosse occupato da essi. In tal caso gli altri visitatori verrebbero posti
in testa alle colonne. Il Pane si chiama Pietra grezza... Allorché ognuno
abbia preso posto, sta alla volontà del Venerabile di fare il primo
brindisi prima di masticare, o di aspettare che si sia masticata la
minestra, od in altro momento che egli ritenga opportuno. Quando vuole
fare il primo brindisi, batte un colpo di maglietto; immediatamente i
fratelli serventi escono dall’interno del ferro di cavallo, e si ritirano
all’occidente. (È la stessa cosa in tutti i brindisi). Tutti smettono di
masticare. Il fratello maestro delle cerimonie, per solito, sta da solo
all’interno del ferro di cavallo e di fronte al venerabile, per essere
meglio in grado di ricevere i suoi ordini e di farli eseguire: talvolta
trova posto in un tavolino tra i due sorveglianti .... Ciascun
sorvegliante si assicura della qualità massonica di tutti gli individui
che stanno sulle due colonne, scorrendo lo sguardo su di essi e
riconoscendoli per Massoni... Nel frattempo i Fratelli si adornano delle
proprie sciarpe; non è necessario indossare il grembiule. Il Fratello
Copritore va a togliere la chiave della porta, che chiude; e da quel
momento nessuno più entra od esce.»
Pasto sacro
Il conferimento di contenuti simbolici a
sfondo sacrale e talvolta schiettamente iniziatico, infatti, è fenomeno
pressoché generalizzato in tutte le epoche ed in tutte le civiltà, nelle
quali il pasto sacro trova frequentissima anche se estremamente varia
collocazione. Per limitarsi all’area mediterranea, si dispone di
molteplici e persuasive testimonianze circa l’esistenza di momenti
ritualizzati e sacralizzati di pasti collettivi in contesti a carattere
iniziatico, quali quelli orfico, pitagorico e mithraico; a livello delle
stesse grandi religioni monoteistiche - la giudaica e la cristiana - che
hanno maggiormente ispirato l’attuale civiltà occidentale, non mancano
esempi di rilievo, come i banchetti pasquali e, sotto alcuni profili, la
stessa celebrazione della messa, provveduti di elevatissima ispirazione
simbolica ed indubbiamente coessenziali ad una rigorosa visione del sacro.
Il problema della ritualizzazione del pasto in comune tra i Liberi
Muratori non può, quindi, essere analizzato al di fuori di una precisa
ricostruzione delle coordinate storiche, simboliche e finalistiche proprie
del fenomeno in discussione, quali si sono andate precisando in una
società iniziatica legata, dapprima in forma cosiddetta operativa ed in
seguito meramente speculativa, alle caratteristiche di un preciso
mestiere, quello dello scalpellino o tagliapietre ovvero, più
estensivamente, all’arte della costruzione. Orbene, un’abbondantissima
documentazione, che risale almeno al XVII secolo per quanto concerne
l’Inghilterra e la Scozia, e via via più ricca a partire dal XVIII secolo
fino all’epoca attuale, alla quale si è fatto sopra un molto riduttivo
riferimento, dimostra l’antichità della consuetudine di praticare il pasto
collettivo quale momento abituale di ogni riunione o tornata di Loggia, il
più delle volte a conclusione dei lavori rituali ma non di rado, almeno
nel XVIII secolo, durante i lavori medesimi. L’unico aspetto rituale o,
per così dire, codificato non riguardava e non ha mai riguardato gli
alimenti solidi del pasto, bensì il numero, la dedica e la forma dei
brindisi. Si è visto, peraltro, che il numero dei brindisi cosiddetti
obbligatori fin dalla fine del XVIII secolo nella Massoneria inglese ed in
quella francese si è cristallizzato in sette e che le dediche si sono
anch’esse definite sia nella individuazione dei destinatari sia nel loro
ordine (al Capo dello Stato, al Gran Maestro, al Venerabile, ai
Sorveglianti, ai membri della Loggia, ai Visitatori, a tutti i Liberi
Muratori). Circa la forma del brindisi, almeno dal XVIII secolo si è
generalmente instaurata una pittoresca ma in verità abbastanza semplice
procedura che, facendo uso di una nomenclatura in parte muratoria ed in
parte castrense, abbina l’elevazione dei calici all’idea della
materializzazione del fuoco-luce, del calore, sullo sfondo dell’insistita
reiterazione del numero tre. Sotto il profilo simbolico, si può ancora far
rilevare che la disposizione della Loggia di Tavola, quale risulta da
tutte le fonti esaminate, riproduce approssimativamente una
semicirconferenza prolungata alle due estremità da rette parallele, da
ricollegare al fatto che i due Solstizi dividono il ciclo dell’anno in due
parti eguali, mentre la Loggia dei lavori muratori ha la forma di un
quadrato doppio: la prima (Loggia di Tavola) sarebbe una rappresentazione
del Paradiso Terrestre e la seconda (Loggia di Lavoro) costituirebbe
un’anticipazione della Gerusalemme Celeste. Questo pasto è pervaso, nella
massima spontaneità e schiettezza, dei sentimenti di amicizia e di
solidarietà che, attraverso ben noti collegamenti simbolici e semantici,
evocano i concetti di Amore e di Fraternità, mattoni elementari ed
essenziali dell’edificio iniziatico dell’Ordine, cardini e fili
conduttori, intrecciati in una significativa catena, della sua stessa
esistenza. Lo stesso nome di Agape (dall’identica parola greca, che vuol
dire Amore), in italiano sta a significare convito fraterno, convito
intimo tra amici, affetto od amore. Voler complicare questi significati,
mediante aggiunte o modifiche per quanto suggestive e profonde,
comporterebbe il rischio di snaturarli e di far perdere loro
l’immediatezza e la genuinità della originaria espressione. Ed ancora, il
pasto in comune è un completamento dei lavori rituali propriamente detti,
che sono quelli fissati e scanditi dal rituale del primo grado muratorio.
In nessun caso esso può divenire un lavoro a se stante, svincolato dalla
subordinazione logica, cronologica e simbolica ai lavori rituali. |